Migrantour Napoli. Chi siamo #3 – Pierre “l’empatia, come la conoscenza, abbrevia tante distanze e abbatte inutili muri”

Migrantour Napoli. Chi siamo? Siamo persone di diverse nazionalità (capoverdiana, senegalese, italiana, somala, srilankese, ucraina, ghanese …), viviamo e lavoriamo a Napoli e ne siamo innamorati, ognuno per le sue ragioni. Qualcuno di noi a Napoli ci è nato, come Andreina, qualcuno ci vive da una vita, come Pierre, Jomahe, Carmen, Louis, Omar, Priscilla, Yuliya e Charuni, qualcun’altro ci è arrivato da poco, come Laura. Vi raccontiamo qualcosa di noi, perché prima di tutto vengono le persone.
Dopo Andreina Lopes Pinto e Jomahe Solis Barzola, la parola a Pierre Preira, accompagnatore interculturale Migrantour.

“Sono laureato in Economia del Turismo e sono mediatore culturale, interprete, formatore e insegnante di italiano per stranieri. A Napoli ci vivo dal 1999. Da qualche anno insieme al mio amico Louis Ndong, anche lui senegalese, conosciuto in Italia ai tempi dell’università, ho dato vita a SENASO, una società di servizi e mediazione. La nostra sede è in Piazza Garibaldi, nel cuore della città multiculturale. Dal 2016 sono il presidente dell’Associazione dei Senegalesi di Napoli, sono al secondo mandato.

Accompagnare i Migrantour mi dà molto. Ogni volta è come fare un viaggio nel mio mondo di origine, attraversiamo strade dove, pur essendo a Napoli, si parla la mia lingua e si vendono e mangiano i cibi della mia infanzia. Ogni volta è un tuffo nella mia memoria che mi piace condividere con i partecipanti.

Da bambino a Dakar, tornando dal mare, io e i miei amici ci fermavamo affamati al mercato per prendere un po’ di soup haouassa: un brodo con interiora, e chissà cos’altro dentro. Mi ricordo che lo cucinava un uomo in una grossa pentola di metallo, noi tiravamo fuori dalla tasca una moneta ciascuno e l’uomo della haouassa, lo chiamavamo così, ci porgeva il mestolo. ‘Una moneta, un sorso’, diceva. Se lo riempivamo troppo o accennavamo a fare un secondo sorso, l’uomo faceva cenno di no col dito, riprendeva il mestolo e allungava il palmo della mano verso di noi dicendo ‘Per un altro sorso, un’altra moneta’.

Questa storia mi viene in mente quando parlo del ‘bror e’ purp’ che al Borgo di Sant’Antonio, ‘o bùvero, si cucinava per strada e veniva venduto per pochi spicci ai mercanti, per scaldarsi la mattina presto.

E ogni volta, nel raccontarla, provo una doppia emozione: quella di tornare bambino con la memoria e quella di vedere l’effetto che fa alle persone che ho davanti. Sorridono, si immedesimano, si crea empatia. E l’empatia, come la conoscenza, abbrevia tante distanze e abbatte inutili muri.”